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A SCUOLA DI ALZHEIMER…SENZA RICORDI NON C’E’ FUTURO!

 PREMESSA

Per “demenza” si intende un disturbo delle funzioni intellettive come memoria (a breve e a lungo termine), pensiero astratto, capacità critica, linguaggio e orientamento spazio-temporale.

Questa condizione non è affatto rara e in Italia colpisce circa il 5% dei soggetti di età superiore ai 65 anni, con una leggera prevalenza delle donne e dei soggetti poco scolarizzati.

La demenza di Alzheimer è la più comune forma di demenza dovuta alla perdita dei neuroni in varie zone del cervello, che compare nelle fasi medio – avanzate della vita umana. Si manifesta con turbe delle funzioni intellettive come quelle sopra citate. Questa diagnosi è formulabile nella maggior parte dei casi di demenza, seguita dalle forme vascolari e dalle forme miste degenerative e vascolari. Più rare forme di demenza sono associate a malattie degenerativo cerebrali (es. Parkinson) e a malattie tossico-metaboliche (es. alcoolismo, ipotiroidismo) o infettive (AIDS).

La demenza di Alzheimer fu descritta per la prima volta nel 1906 da Alois Alzheimer, neuropsichiatra tedesco, in una donna di 51 anni che presentava perdita della memoria, cambiamento del carattere, delirio di gelosia, incapacità a provvedere alle cure domestiche.

Non è una malattia infettiva né contagiosa ma può essere considerata a tutti gli effetti una malattia terminale, che causa un deterioramento generale delle condizioni di salute. L’esordio della demenza di Alzheimer è spesso sottovalutato o non riconosciuto in quanto i primi segnali, rappresentati da lievi problemi di memoria, cambiamenti di comportamento, perdita di iniziativa e interesse, sono ritenuti normale espressione di vecchiaia. È difficile, quindi, identificare il momento esatto dell’inizio della malattia.

La demenza di Alzheimer ha una patogenesi multifattoriale, infatti, possono contribuire al suo sviluppo diversi fattori tra cui genetici, età, traumi cranici ed altro.

Solitamente la demenza di Alzheimer si sviluppa attraverso quattro fasi (lieve, moderata, grave, terminale), talora coesistenti e di difficile delimitazione, nelle quali c’è un progressivo peggioramento dei processi cognitivi e delle condizioni generali della persona.

Scoprire che una persona cara è affetta da demenza di Alzheimer può spaventare, essere fonte di stress e avere ripercussioni sul piano psichico, sociale e fisico dell’intero sistema familiare.

Per essere in grado di assistere il malato di demenza, è necessario prima di tutto imparare a gestire le proprie emozioni e essere consapevoli dei propri limiti.

Allo shock iniziale della diagnosi, possono seguire emozioni di diverso tipo. Si può essere portati a ignorare i propri sentimenti per focalizzare tutta l’attenzione sul malato, con l’idea di dover fare il possibile per rendergli la vita meno difficile. Un’altra reazione emotiva è quella di provare rabbia contro la malattia e di scaricare tale rabbia sugli altri o di non sapere se si è in grado di gestire la situazione e nutrire dubbi sul proprio futuro.

Inoltre occorre stabilire fino a che punto è possibile farsi carico dell’assistenza, in quanto anche se ci si impegna a fondo, a volte non si riesce a garantire l’assistenza che vorremmo.

La demenza di Alzheimer richiede la presenza di un caregiver (letteralmente “colui che dà cura”) che può essere un familiare o sempre più spesso ormai, una persona assunta dalla famiglia per dare supporto al malato.

Il caregiver, specialmente se è un familiare, sente sulle sue spalle tutto il carico emotivo della persona cara di cui si prende cura. Tende a non farsi aiutare perché ritiene di essere l’unica persona che conosce bene le esigenze del malato, toglie spazio a sé stesso non recuperando mai le energie che lo sostengono nei compiti quotidiani con la persona malata, sperimenta sentimenti di disperazione e depressione per il futuro incerto e cupo.

Da quanto detto fino a qui, è evidente come sensibilizzare e informare le persone sulla demenza di Alzheimer sia di fondamentale importanza al fine di non essere impreparati qualora ci si trovi ad affrontare una situazione come quella sopra descritta. È importante che tutti conoscano la malattia e cosa vuol dire assistere una persona che ne è affetta in quanto, ormai, si tratta di un fenomeno molto sviluppato. La conoscenza può aiutare i caregiver/familiari a sentirsi meno soli e a non commettere quegli errori, attraverso il saper delegare e accettare l’aiuto dagli altri, che possono portare ad una presa incarico totale che porta a sua volta alla sperimentazione dei sentimenti sopra citati.

Altresì importante è iniziare tale opera di sensibilizzazione fin dalla giovane età, promuovendola nelle scuole, in quanto tale problematica può riguardare anche i ragazzi che possono stare a stretto contatto con i loro nonni affetti da demenza. I giovani possono essere informati e formati relativamente alla problematica in modo da saper riconoscere i segnali sentinella e possono quindi agire concretamente aiutando il caregiver e contribuendo ad una maggiore collaborazione familiare e alleggerimento del peso che una situazione di questo tipo può comportare.

OBIETTIVO GENERALE

Informare e sensibilizzare gli studenti sulla demenza di Alzheimer e le demenze correlate.

OBIETTIVI SPECIFICI

  1. Fornire nozioni generali sulla patologia di Alzheimer.
  2. Potenziare le capacità di riconoscimento dei ragazzi riguardo i segnali di insorgenza della malattia.
  3. Stimolare la riflessione emotiva ed empatica degli studenti riguardo i vissuti correlati alla patologia.

 

METODOLOGIA

Le attività che saranno svolte durante il progetto è possibile inquadrarle nell’ambito metodologico della psicologia della salute, inserite in una cornice teorica di riferimento più ampia quale la psicologia di comunità e la psicologia dei gruppi.

Le attività si svolgeranno in tre distinte fasi:

  • Prima fase: Presentazione del progetto al dirigente scolastico e al corpo docente dell’istituto. L’incontro è finalizzato ad informare i suddetti in merito alle attività da svolgere e creare un rapporto di collaborazione con gli insegnanti delle classi in cui si andrà ad operare.
  • Seconda fase: Attività informativa sulla patologia, come riconoscerla ed accettarla, cosa può essere fatto di pratico per gestirla in maniera funzionale. Gli strumenti utilizzati saranno slide informative, circle time, osservazione diretta e partecipata.
  • Terza fase: Attività pratica-esperienziale, per associare al precedente lavoro cognitivo anche la sfera emotiva, attraverso l’utilizzo delle libere associazioni con la metodologia comunicativa del circle time e l’utilizzo di esperienze sensoriali volte a familiarizzare con la condizione di vita di chi è affetto dalla patologia di Alzheimer.

DESTINATARI

I destinatari del progetto saranno gli studenti del primo, secondo, terzo e quarto anno delle scuole medie superiori degli istituti A. Meucci e G. Rosselli. Le terze medie dei vari istituti Apriliani.

TEMPI

Si prevede un incontro di tre ore con ciascuna classe.

RISORSE

Le risorse umane impegnate nella realizzazione del progetto sono quattro psicologi, collaboratori dell’Associazione Alzheimer Aprilia Onlus, che condurranno a coppie gli incontri con gli studenti.

Le risorse materiali prevedono le strutture immobili (aule) e la disponibilità di pc, proiettore, lavagna a fogli e pennarelli.

COSTI

Il progetto è gratuito per l’istituto scolastico.

VALUTAZIONE

L’efficacia complessiva del progetto verrà valutata in itinere mediante la rilevazione dell’interesse e del coinvolgimento dei ragazzi nelle attività proposte, attraverso l’osservazione partecipata dei professionisti e dalla discussione con ciascun gruppo classe.

Al termine del progetto verrà rilasciata al dirigente scolastico una relazione sugli esiti del lavoro svolto.

 

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